Ammesso l’utilizzo di un’agenzia investigativa per controllare un dipendente
Le disposizioni dell’art. 2 dello Statuto dei lavoratori, approvato con L. 300/1970, nel limitare la sfera d’intervento delle persone preposte dal datore di lavoro a tutela del patrimonio aziendale, non gli impediscono di ricorrere ad agenzie investigative, a condizione che l’intervento delle stesse non trasbordi nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria. Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13789 depositata il 23 giugno 2001, ritenendo legittima l’intimazione di licenziamento di un dipendente addetto alla cassa sulla base delle risultanze di un’attività investigativa privata (utilizzate, nella fattispecie, dal datore al fine di provare in giudizio l’inosservanza delle procedure di cassa e la mancata registrazione fiscale delle relative operazioni).
La riserva, disposta dalla Statuto dei lavoratori in capo al datore di lavoro e ai suoi collaboratori dell’attività di vigilanza non preclude, ad avviso della Suprema Corte, l’ammissibilità di un intervento di controllo di un’agenzia investigativa, che non investe la normale attività lavorativa, bensì quelle prestazioni del dipendente che integrano violazioni di obblighi extracontrattuali penalmente rilevanti,
Viene pertanto ribadito l’indirizzo già espresso in precedenza di ritenere giustificato la tipologia di intervento in questione non solo per l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione.