Compravendita: se l’immobile è pignorato risarcisce l’agenzia

 

 

Corte di cassazione – Sezione II civile – 19 settembre 2011 n. 19095

Con una sentenza – quasi storica – “passata in sordina” la Corte di Cassazione ha detto stop agli agenti immobiliari “faciloni” che si lasciano andare a comunicazioni di cui non sono certi o che non hanno verificato personalmente. Durante lo svolgimento della mediazione, infatti, l’agente deve muoversi seguendo l’ordinaria diligenza richiesta al professionista. E se non lo fa rischia una condanna per truffa e anche di dover risarcire la parte lesa. La Corte , con la sentenza 19095/2011, ha infatti confermato la condanna inflitta dalla Corte di Appello di Bari ad una agenzia locale per aver fatto sottoscrivere un contratto preliminare di acquisto di un fondo rustico – con relativo anticipo e pagamento della commissione – senza però aver informato l’acquirente che sull’immobile gravava una ipoteca giudiziale.

Il mediatore, pertanto, risponde delle informazioni che fornisce!

Per la Suprema Corte, che ha condiviso l’argomentazione dei giudici dell’Appello, se è vero che il mediatore non è tenuto a svolgere indagini di natura tecnico giuridica, “come l’accertamento della libertà dell’immobile oggetto del trasferimento, mediante le visure catastali e ipotecarie”, tuttavia “è comunque tenuto ad un obbligo di corretta informazione secondo il criterio della media diligenza professionale”. Non solo, la Corte entrando nello specifico ha anche chiarito che ciò “comprende, in positivo, l’obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che si richiede al mediatore, e, in negativo, il divieto di fornire informazioni su circostanze che non abbia controllato”.
Non basta, quindi, la dichiarazione della venditrice.

E’ stato proprio questo elemento che ha sancito la responsabilità dell’agente il quale, come risulta anche dal connesso procedimento penale arrivato a sentenza definitiva, “aveva assicurato la promissaria acquirente che l’immobile fosse libero da pesi, basandosi su dichiarazioni rese per iscritto dalla venditrice”.

Il medico che commette errori irreparabili può essere sospeso in via cautelativa dalla professione anche se non è stato ancora celebrato il processo a suo carico

 

 

Il medico che commette errori irreparabili può essere sospeso in via cautelativa dalla professione anche se non è stato ancora celebrato il processo a suo carico A stabilirlo è stata la sentenza n. 42588/2011 della Suprema Corte di Cassazione. La vicenda trae origine da un episodio gravissimo di colpa medica professionale: ad una donna era stata praticata una laparoscopia, nonostante la sussistenza di circostanze che suggerivano l’adozione di un altro e differente percorso chirurgico. Durante l’intervento il medico causava numerose lesioni sia alla vescica che all’intestino della donna, e, pur avendoci fatto caso, non si adoperava per trattarle e limitarne gli effetti: di conseguenza la paziente, una volta risvegliatasi dall’anestesia, presentava diffusi malesseri che neanche venivano diagnosticati dal medico che aveva eseguito l’intervento, nonostante egli sapesse quale ne fosse l’origine. La donna purtroppo era poi deceduta, e immediatamente veniva avviato procedimento penale con l’accusa di omicidio colposo nei confronti del medico. In un primo momento non era stata applicata la sospensione temporanea dall’esercizio della professione medica in attesa del processo, in considerazione del fatto che il medico non aveva precedenti per fatti analoghi. Per tale motivo la Procura ricorreva in Cassazione facendo notare che l’indagato era incorso in gravissima negligenza e imperizia e che addirittura la fattispecie che si configurava era quella dell’omicidio volontario commesso con dolo eventuale piuttosto che quella di omicidio colposo. I giudici di legittimità hanno dato ragione alla Procura ritenendo quindi applicabile la sospensione dalla professione.